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Koh-i-Noor

Questa è la leggenda di un grande viaggiatore del passato, ma non si tratta di una persona, bensì di un oggetto preziosissimo. Ha percorso in tremila anni, le strade di tutto l’Oriente, pur di possederlo moltissimi uomini lo hanno inseguito, hanno varcato frontiere, hanno combattuto guerre ed escogitato stratagemmi. La sua storia ha alimentato una leggenda: il suo nome significa “montagna di luce”: Koh-i-noor, il diamante più grande del mondo.

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La leggenda, come tutte le leggende che si rispettano, narra una vicenda inventata con un fondo di verità. Si tratta di una storia lunghissima e complicatissima, per cui cercheremo di illustrare sintesi le tappe più salienti. Tutto parrebbe cominciare all’incirca nell’anno 1000 a. C., nell’India antica dove il principe Krishna, fondò una città. Qui andò a vivere un uomo che adorava il dio Sole. Un giorno in cambio della sua devozione egli ricevette dal dio un dono particolare: un diamante grandissimo, dal potere immenso. Fortuna o sciagura però, erano indissolubilmente legate alla bontà o malvagità del possessore. Il buon uomo, temendo di attirare l’attenzione del principe, decise di regalare la pietra al fratello. Il fratello però era malvagio, appena ebbe il diamante morì durante una caccia al leone e il gioiello sparì. Le colpe della sparizione caddero su Krishna, allora lui, per provare la sua innocenza fece ritrovare il gioiello e dimostrò che era stato rubato dal Re degli Orsi. La gente capì che Krishna era innocente e da quel giorno la città prosperò, fu protetta dalle carestie, dagli animali feroci e dai ladri. La storia invece vuole che il leggendario diamante che oggi è di proprietà della Corona inglese, provenga dalla regione indiana di Golconda. I primi viaggiatori che si avventurarono nella regione diamantifera, scoprirono ben presto che abbondava di diamanti, rubini e zaffiri. Golconda faceva gola a moltissimi conquistatori e il primo che verosimilmente la conquistò fu Alauddin Khiljii. Alauddin proveniva dall’Afganistan orientale, agli inizi del XIII secolo conquistò il Bengala, penetrò in India e salì sul trono di Dheli, per fondare un impero. Conquistò quindi il regno di Golconda, ed è probabile che in quell’occasione il diamante passasse nelle sue mani. Da chi non si sa. Venne ben custodito fino alla sua morte dopo la quale seguì un’epoca tumultuosa di guerre. Il diamante passò di mano in mano: finì in quelle della dinastia Rajiput, fu nascosto a Gwaljor poi da Gwaljor fu portato ad Agra. Trascorsero due secoli, ma il tempo anziché placare l’animo degli uomini, ne aumentò la brama di conquista e la leggenda sul potere del diamante crebbe a dismisura.

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Nel 1525, Babur, discendente di Gengis Khan, marciò sul Punjab, entrò in India e sconfisse il sultano di Delhi sgominando l’esercito nemico di 100.000 soldati scortati da mille elefanti da guerra, corazzati e addestrati a colpire e calpestare. Fu una vittoria schiacciante ottenuta con soli 10.000 uomini, ma si narra che Babur possedesse l’ultimo ritrovato in fatto di armi: i cannoni. Subito dopo la vittoria il figlio di Babur cavalcò fino ad Agra e fece accerchiare la città. I parenti del deposto e poi defunto sultano, ormai alle strette, gli offrirono in dono moltissimi gioielli e tra questi il potente diamante. Dinanzi a quelle immense ricchezze però, Babur non ebbe dubbi: fece regalie di tutto, quasi. Si narra che egli donò tutti ai suoi uomini e che i parenti di Kabul ricevettero “una danzatrice speciale del sultano, un piatto d’oro pieno di gioielli, rubini e topazi e occhi di gatto”. Rimaneva il diamante. Babur lo regalò al figlio, il suo regno conosciuto come Gran Mogol, nobilitato dalla sua generosità, prosperò. Ma come voleva la leggenda, il diamante non portò fortuna al figlio. Il ragazzo si ammalò gravemente e nessuno seppe come curarlo. Tutti i consigli dei medici fallirono, Babur pregò al capezzale del figlio dicendo: “io sono Babur, dono la mia vita e il mio essere a mio figlio”. Nel giro di poche settimane il ragazzo iniziò a riprendersi, ma Babur morì subito dopo. Il suo corpo venne portato a Kabul, in Agfanistan, dove fu seppellito in uno dei dieci giardini terrazzati che lui stesso aveva progettato. Dopo la morte del padre, il figlio governò in modo incostante. Perse tutti i suoi alleati e fu costretto a fuggire, ovviamente con il diamante. Andò in Rajashtan, ma la minaccia di tradimento e di morte lo perseguitavano ovunque. Inoltre risaputo che egli possedeva la potente pietra, falsi mercanti cercarono di acquistarla. Ma il ragazzo a tutti rispose: “la gemma preziosa non può essere comprata. Deve cadere nelle mani di qualcuno per l’arbitrio della spada fulminante, che è l’espressione della volontà divina, oppure per la grazia di potenti monarchi, come dono onorevole”.

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La situazione per il figlio di Babur era disperata, dal Rajastan fuggì nuovamente e cercò rifugio in Persia. Ma la scelta era rischiosa, egli temeva la reazione di colui che un tempo fu nemico del padre: il Re persiano Shah Tahmasp. Il Re invece, lo accolse come un imperatore in visita, coprendolo di doni e onori. Ma quello che il ragazzo non sapeva era che il re aveva in mente un piano preciso. Promise al ragazzo di fargli riavere il trono di Delhi, ma il vero scopo era di conquistare l’India. Dinnanzi ad un’offerta senza prezzo, il ragazzo ebbe solo un modo per sdebitarsi: regalare il diamante allo Shah.Con il sostegno della cavalleria persiana, l’erede di Babur riconquistò Dheli e tornò in India, era il 1555, ma solo sei mesi dopo egli morì in seguito ad una caduta fatale. Oggi potremmo dire un paradosso del destino! Il ragazzo era appassionato di astronomia e cadde dal tetto di una torre, su cui saliva ogni sera perché aveva l’abitudine di osservare il levarsi di Venere. Dov’è il paradosso? Il pianeta Venere nella cosmologia indú corrisponde al diamante.Cosa accadde dopo? Che fine fece la pietra piú grande del mondo? Era il 1555. Lo Shah di Persia, in possesso del diamante, decise di inviarlo nel regno indiano del Deccan, con l’intento di salire al potere e convertire i sanniti alla fede sciita. Il diamante sarebbe stato un lascia-passare, poiché tutti sapevano che chi lo possedeva, possedeva il potere divino. Ma da quel momento si persero incredibilmente le sue tracce. E’ probabile che l’incaricato dello Shah, lo avesse venduto, ma a chi? Colmo dei colmi, la pietra finì nientemeno che nelle mani del nipote del figlio di Babur. Insomma il diamante era tornato ai Moghul dopo piú di 200 anni. Rimase a Delhi fino al 1739, quando un nuovo colpo di scena avvenne nella notte del 7 marzo: i giardini della città furono presi d’assalto dagli uomini armati inviati da un individuo che passò alla storia: Nadir Shah, re di Persia. Nadir Shah aveva un unico desiderio: ricreare le glorie dell’antica Persia e l’obiettivo era di attaccare l’India, non per governarla, bensì per esigere tributi e saccheggiarne il territorio. Non solo, Nadir voleva il diamante che era appartenuto ai suoi predecessori. L’operazione di recupero avvenne, grazie ad un espediente. Per intere settimane Nadir stuzzicò il sovrano di Dheli per capire dove tenesse nascosta la pietra, ma non vi riuscì. Ormai convinto che il segreto non sarebbe mai trapelato, venne a sapere da una concubina che il sovrano teneva il diamante nascosto tra le pieghe del turbante. Al colmo dello stupore, Nadir organizzò una colazione di commiato col sovrano di Delhi. Lasciò intendere a tutti che aveva deciso di tornare in Persia. Conosceva molto bene il protocollo orientale che prevedeva lo scambio di doni tra due re, ma il protocollo preveda anche un altro scambio: quello del copricapo. Il sovrano di Delhi, dinanzi alla richesta non potè rifiutare e ribollente di rabbia, accettò. Era fatta, Nadir uscì dal palazzo di Dehli, srotolò il turbante e alla vista della luce accecante del diamante esclamò: Montagna di luce! Ovvero Kho-i-Noor! E da quel giorno il diamante più conteso del mondo venne battezzato con questo nome.

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Il 6 maggio del 1739 Nadir e il suo esercito lasciarono Delhi, la carovana contava piú di mille elefanti stracarichi di ricchezze, 7000 cavalli e 10.000 cammelli. E dall’India il Kho-i-Noor ritornò in Persia. Ma, come profezia vuole… una volta tornato in Persia, Nadir iniziò a soffrire di nausee e costipazione. Si rinchiuse nella sua fortezza di montagna vicino a Mashad, da quel momento il suo temperamento divenne crudele, e il popolo venne oppresso dalla sua tirannia. La famiglia iniziò a sospettare l’influenza malefica del Koh-i-noor e nel giugno del 1747, fu dato l’ordine di uccidere il sovrano ormai impazzito: qualcuno entrò nella sua tenda e gli mozzò il capo. Tra le truppe di Nadir però, vi era un gruppo di uomini afgani e ai primi cenni di trambusto, uno di loro di precipitò nella tenda, s’impossessò del diamante e fuggì, a Kandahar.L’uomo in possesso della refurtiva cambiò nome, diventò Durrani, e creò un impero afgano, precursore dello stato moderno. Il Koh-i-noor passò poi a suo nipote che venne deposto e accecato. Durante la prigionia egli lo nascose in una fessura della cella e rimase lì per due anni. Fu il fratello a recuperarlo e divenne Re. Nel 1809 durante un incontro con un delegato inglese, a Peshawar, il Re indossò il Koh-i-noor e l’inglese ne fu talmente colpito che inviò in patria numerosi rapporti per mettere in guardia gli ufficiali britannici circa gli spostamenti del diamante. Ma a quel punto non solo gli inglesi erano interessati al suo possesso, anche l’allora governatore di Peshawar era stato risvegliato dalla cupidigia. Durante una rivolta a Kabul, il governatore fece imprigionare il Re e avanzò la sua richiesta. Ma era troppo tardi: il diamante era già stato consegnato alla moglie del sovrano che era fuggita affidandosi alla pietà del Leone del Punjab: Ranjiit Singh.

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Il Leone del Punjab, lontano discendente dell’ultimo guru sikh amava gli ornamenti del potere, quando venne a sapere che il re afgano era stato imprigionato colse l’occasione al volo. Fece un accordo con la moglie del sovrano: il Koh-i-Noor in cambio della sua liberazione. Adorò a tal punto il gioiello che quando usciva a cavallo, lo faceva montare sulla briglia per poterlo vedere. Alla sua morte gli succedette il Maraja Dulip Singh che aveva solo 7 anni, quando ereditò lo ereditò. -Ma il suo regno non ebbe tempo di prosperare, arrivarono gli inglesi segnando la vittoria della prima guerra anglo-sik del 1845.Il Punjab venne poi definitivamente sconfitto. Assieme a quattro milioni di sudditi, l’Inghilterra si aggiudicò il Koh-i-Noor. Nel 1850 il diamante fece il suo ultimo viaggio, il resto della storia lo sappiamo, ora è gelosamente custodito nella Torre di Londra. Ma quello che a qualcuno può essere sfuggito è che due anni fa ne è stata richiesta la sua restituzione e che tale richiesta è stata firmata dai leader taleban.Qual è il vero potere del Koh-i-Noor?Un antico detto hindu diceva: “chi possiede questo diamante può possedere il mondo, ma anche tutte le disgrazie del mondo. Solo Dio o una donna possono portarlo impunemente”.

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