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Storie di carrozze

– Arriva il progresso
– Primi esuberi di manodopera
– Una questione di Status

Arriva il progresso
Traffico in tilt, strombazzare di trombe, intasamenti, caos delirante, ammassi di letame…Ansia da nebbia, da parcheggio, cavalli imbizzarriti che si scontrano in curva…… e ricche signore dagli ampi e pomposi vestiti schizzati dal fango…Ecco lo scenario che si svolgeva tutti i giorni nelle città di Londra e Parigi nel 1700. Era arrivato il progresso, sotto forma di Carrozza!

Primi esuberi di manodopera
In tutta Europa, i primi problemi nell’ambito dell’occupazione, in tema di “esubero del personale”, si possono far risalire anche all’invenzione e diffusione dell’uso della carrozza. Prima del dilagare delle carrozze infatti, si viaggiava a piedi o a cavallo e la posizione sociale del viaggiatore dipendeva dal numero di persone che aveva al seguito: guardie, retroguardie, cavalieri con stendardo, servitù, cuochi, stallieri, maniscalchi, ecc… Un esercito di manovalanza che a causa del nuovo mezzo di trasporto si trovò licenziato e molti finirono sul lastrico. Per viaggiare in carrozza infatti bastavano i cavalli, uno o due cocchieri, un servo a piedi per precedere, uno scrittore segretario e un cameriere.

Col tempo la smania di dimostrare di essere qualcuno possedendo una carrozza aumentò a dismisura, come fece notare Fynes Morrison che nel 1617 scrisse: “al giorno d’oggi la superbia è cresciuta a tal punto che pochi sono i gentlmen che non abbiamo carrozze, così che le vie di Londra sono quasi bloccate da esse”.

Iiniziano le dolenti note…disoccupazione e traffico in tilt!

Da Londra, patria della prossima rivoluzione industriale, la moda della carrozza si diffuse rapidamente per dilagare in Europa e nel resto del mondo, per così dire “civilizzato”. Carrozze da città, da campagna e da viaggio e anche da caccia. Ovviamente più circolavano carrozze, tanto più ne aumentava il prezzo. Nessuno poteva farne a meno.

Enrico IV mancò ad un appuntamento poiché la sua carrozza era stata presa dalla moglie e il figlio diciottenne di un cancelliere scrisse al padre costringendolo ad acquistargli una carrozza in quanto come “figlio di un cancelliere” non poteva esserne privo, la lettera terminava con: ” è semplicemente una vergogna camminare a piedi per le strade”.

Una questione di Status
Perché oggi attribuiamo un valore alle macchine in base al numero dei cavalli? Perché un tempo non bastava solo possedere una carrozza, ma molti cavalli. Più cavalli la trainavano, più il proprietario aumentava il suo prestigio. Oggi una macchina è ritenuta potente per la tenuta in strada, risulta bella e accattivante per il design, ma è giudicata formidabile per la potenza dei “cavalli”, un’immagine che è stata sempre associata alla figura maschile, alla viirilità dell’uomo. Ma l’equazione cavalli, potenza, virilità impiegherà ancora parecchi anni prima di affermarsi infatti leggendo le cronache di quegli anni si viene a scoprire che “viaggiare in carrozza infiacchiva”.

Usare la carrozza era cosa “da donne”. Già dalla seconda metà del Cinquecento essa assunse un valore di Status Symbol, ma al principio vi furono molte obiezioni e addirittura divieti assoluti, in forma di editti, che ne proibivano l’uso:
“i veri cavalieri, se non volevano venisse meno la propria virilità, non potevano usare la carrozza”.

Gli stessi uomini che sostenevano che “l’uso della carrozza conducesse all’effeminatezza e togliesse virtù cavalleresche”, barattarono poi di buon grado tale credenza in cambio del prestigio acquisito, rappresentato dai cavalli che la trainavano. Poi venne il design…